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Una riflessione sulla differenza tra controllo e accettazione, chiave per la salute del corpo e della mente.

Coraggio, accettazione e saggezza

C’è una frase che gli Alcolisti Anonimi recitano come preghiera di apertura dei loro incontri. È una formula semplice ma profondissima, che tocca uno dei nodi più centrali della crescita personale e del coaching:

“Concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso,
e la saggezza di riconoscerne la differenza.”

Questa frase, apparentemente spirituale, è in realtà un principio psicologico, neuroscientifico e persino fisiologico: la differenza tra controllo e accettazione è ciò che determina la qualità della nostra vita. E, in medicina funzionale, è il punto di partenza per ogni percorso di riequilibrio: distinguere ciò che possiamo modificare nel nostro stile di vita da ciò che dobbiamo accogliere con consapevolezza e rispetto per il corpo.


Il mito del controllo: quando la mente vuole dominare tutto

Il cervello umano è una macchina predittiva. Ogni giorno cerca di anticipare ciò che accadrà per garantirci sicurezza e sopravvivenza. Per questo, quando non possiamo controllare una situazione, si attiva la stessa risposta che avremmo davanti a un pericolo: ansia, paura, stress.

Ma la verità è che molte cose nella vita non dipendono da noi: il comportamento degli altri, le condizioni esterne, il passato, alcune malattie o eventi imprevedibili. Restare aggrappati all’idea di poter controllare tutto è come cercare di trattenere l’acqua con le mani: più stringi, più scivola via.

Da un punto di vista biologico, questo meccanismo iperattivo alimenta una disfunzione dell’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene), la principale via neuroendocrina dello stress. Quando l’asse HPA resta cronicamente attivo, si altera la regolazione del cortisolo, con effetti su sonno, peso, metabolismo e umore. È qui che la medicina funzionale invita a intervenire con strategie di riequilibrio sistemico, non solo sintomatico.


Coaching e locus of control: dove metti la leva del cambiamento

In coaching, questo tema è noto come locus of control: il punto interno o esterno in cui percepiamo il controllo della nostra vita.
Chi ha un locus interno tende a sentirsi protagonista delle proprie scelte, chi ha un locus esterno si percepisce vittima degli eventi.

Il coaching e la medicina funzionale condividono la stessa prospettiva: aiutare la persona a riappropriarsi della propria agentività, ovvero la capacità di agire in modo intenzionale sulla propria salute.

Non possiamo cambiare ciò che gli altri pensano di noi, ma possiamo cambiare come reagiamo.
Non possiamo modificare un evento accaduto, ma possiamo scegliere che significato dargli.
Non possiamo evitare una crisi, ma possiamo allenarci alla resilienza e alla coerenza fisiologica.

In medicina funzionale, questo significa insegnare al paziente a essere parte attiva del processo di cura: cambiare alimentazione, muoversi in modo consapevole, respirare meglio, migliorare la qualità del sonno e la gestione del tempo. Sono tutti strumenti che agiscono sui sistemi di regolazione del corpo — nervoso, endocrino, immunitario e metabolico — riportandoli verso la salute.


Il coraggio del cambiamento

Il coraggio non è assenza di paura, ma la decisione di muoversi nonostante la paura. Cambiare ciò che possiamo richiede energia, responsabilità e azione. Dal punto di vista neurologico, il cambiamento implica la creazione di nuove connessioni sinaptiche. Il cervello ama la routine, perché consuma meno energia: ogni nuova abitudine è uno sforzo metabolico.

In medicina funzionale questo concetto è concreto: ogni piccolo passo nella direzione giusta — bere più acqua, dormire meglio, respirare in modo più profondo, nutrirsi in modo antinfiammatorio — riduce il carico sul sistema nervoso autonomo e abbassa la soglia dello stress cronico.

Il coraggio di cambiare è quindi anche un atto biologico: significa sostenere la plasticità cerebrale e il riequilibrio neurovegetativo. Quando regolarizziamo i ritmi circadiani, miglioriamo il tono parasimpatico e restituiamo al corpo la capacità di autoripararsi.


La serenità dell’accettazione

Accettare non significa rassegnarsi. È l’arte di lasciare andare ciò che non possiamo modificare, per non disperdere energie su fronti inutili. Accettare è un atto di intelligenza emotiva, non di debolezza.

Dal punto di vista fisiologico, l’accettazione riduce l’attività del sistema limbico e favorisce la coerenza cardiaca, abbassando i livelli di cortisolo e adrenalina. È il principio su cui si basa la mindfulness, spesso integrata nei percorsi di medicina funzionale per ristabilire l’equilibrio dell’asse HPA e migliorare la risposta vagale.

Accettare significa anche rispettare i tempi del corpo, comprendere che la guarigione e la trasformazione richiedono costanza. La serenità non è immobilità, ma un modo più ampio e intelligente di stare nel mondo.


La saggezza di riconoscerne la differenza

È qui che entra in gioco la consapevolezza, la più alta forma di intelligenza umana.
Saper distinguere ciò che è sotto il nostro controllo da ciò che non lo è significa vivere in equilibrio.

La saggezza non è sapere tutto, ma saper selezionare dove investire le proprie energie. È scegliere la calma quando tutto intorno è caos, la gentilezza quando tutto spingerebbe alla reazione, il respiro quando la mente vorrebbe correre.

Nel modello delle 5 Sedie, è il passaggio dal riccio al delfino: dal reagire automaticamente al rispondere consapevolmente. E in medicina funzionale è il passaggio dal trattamento al riequilibrio integrato: quando la persona diventa parte attiva del proprio benessere, il sistema nervoso si sincronizza e la salute fiorisce.


Esercizio pratico di coaching funzionale

Prova a scrivere tre colonne:

Posso cambiareNon posso cambiareSto imparando ad accettare
Le mie abitudini alimentariIl carattere di un collegaLe mie reazioni automatiche
Il mio modo di comunicareIl passatoLa lentezza dei risultati
Il mio livello di stressIl meteo o il trafficoLa mia impazienza

Questo esercizio, semplice ma trasformativo, aiuta il cervello a riprogrammare la percezione del controllo e riduce l’attivazione cronica dell’asse HPA. È un atto di autoefficacia e autoguarigione: due pilastri della medicina funzionale.


Conclusione: la libertà nasce dalla consapevolezza

La preghiera degli AA non è solo un invito alla sobrietà, ma alla lucidità. Ci ricorda che la libertà non è fare tutto ciò che vogliamo, ma scegliere come stare nelle situazioni che non possiamo cambiare.

Il coaching, le neuroscienze e la medicina funzionale convergono su un punto essenziale: quando impariamo a riconoscere la differenza tra ciò che dipende da noi e ciò che non lo fa, diventiamo più presenti, più lucide e più sagge.

Perché la serenità non arriva dal controllo, ma dalla fiducia nel proprio potere interiore. È lì che nasce la vera guarigione: quando la mente, il corpo e il comportamento tornano a muoversi insieme, in coerenza e libertà.

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