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Le vaccinazioni proteggono la salute individuale e collettiva, riducendo il rischio di malattie gravi e complicanze.

Vaccini si o no?

Capire come funziona un vaccino

La vaccinazione è uno dei più grandi successi della medicina moderna.
Eppure, ancora oggi, è circondata da dubbi e disinformazione.
Per comprendere davvero l’importanza dei vaccini, bisogna partire dal loro funzionamento biologico: un vaccino non indebolisce il sistema immunitario, ma lo educa.

Il principio è semplice: si espone il sistema immunitario a una parte del virus o del batterio, oppure a una sua versione inattiva o attenuata, in modo che impari a riconoscerlo.
Quando il corpo incontrerà il patogeno “vero”, sarà già pronto a difendersi rapidamente e con efficacia.

I principali tipi di vaccini

Non tutti i vaccini sono uguali: le strategie variano in base al tipo di agente infettivo e alla risposta che vogliamo ottenere.
Ecco le principali tipologie in uso oggi:

1. Vaccini a virus o batteri vivi attenuati

Contengono una forma viva ma indebolita del virus o batterio.
Stimolano una risposta immunitaria molto simile a quella naturale e offrono una protezione di lunga durata.
Esempi: morbillo, parotite, rosolia, varicella, febbre gialla.
Sono efficaci ma non adatti a persone immunodepresse che potrebbero ammalarsi perché incapaci di difendersi anche dalla forma attenuata. 

2. Vaccini inattivati

Il patogeno è ucciso (inattivato) tramite calore o agenti chimici.
Non può replicarsi, ma conserva la sua struttura esterna, utile per “insegnare” al sistema immunitario a riconoscerlo.
Esempi: epatite A, poliomielite (inattivata), influenza stagionale.

3. Vaccini a subunità, ricombinanti o a particelle proteiche

Contengono solo alcune proteine o frammenti del patogeno, quelli necessari a stimolare l’immunità.
Sono molto sicuri e utilizzati per infezioni croniche o malattie respiratorie.
Esempi: epatite B, papilloma virus (HPV), pertosse acellulare.

4. Vaccini a vettore virale

Utilizzano un virus “trasportatore” innocuo (come un adenovirus) per introdurre nel corpo il gene che codifica una proteina del patogeno.
L’organismo la riconosce e produce anticorpi specifici.
Esempi: AstraZeneca, Janssen per il COVID-19.

5. Vaccini a mRNA

Sono la nuova frontiera della ricerca.
Contengono una copia di RNA messaggero che istruisce le cellule a produrre una proteina del virus (come la proteina Spike nel caso del SARS-CoV-2).
Il sistema immunitario riconosce questa proteina come estranea e sviluppa anticorpi.
L’mRNA non entra nel nucleo della cellula e non modifica il DNA.
Esempi: Pfizer-BioNTech e Moderna per COVID-19.

6. Vaccini coniugati o polisaccaridici

Utilizzati contro batteri con una capsula di zuccheri (polisaccaridi) che maschera il loro riconoscimento da parte del sistema immunitario.
Il polisaccaride viene “coniugato” a una proteina per rendere la risposta più efficace.
Esempi: pneumococco, meningococco, Haemophilus influenzae tipo B.

Il morbillo: una malattia che non è scomparsa

Negli ultimi anni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha segnalato un preoccupante aumento dei casi di morbillo in Europa.
Questa malattia, erroneamente considerata “banale”, può provocare encefalite, polmonite e gravi complicanze neurologiche.
Ogni anno causa ancora centinaia di migliaia di morti nel mondo, soprattutto tra i bambini non vaccinati.

Il vaccino MPR (morbillo, parotite, rosolia) è sicuro, altamente efficace e non solo protegge chi lo riceve, ma contribuisce alla protezione collettiva.
Quando la copertura scende sotto il 95%, il virus torna a circolare.
Ed è ciò che sta accadendo in diversi Paesi, compresa l’Italia, dove le esitazioni vaccinali stanno riportando indietro di decenni i risultati ottenuti.

Il ruolo del vaccino antinfluenzale e anti-COVID

Il vaccino antinfluenzale è fondamentale per proteggere le categorie più fragili, ma anche per ridurre la diffusione del virus e alleggerire la pressione sui sistemi sanitari.
La vaccinazione antinfluenzale regolare è anche un modo per allenare il sistema immunitario e ridurre il rischio di complicanze neurologiche post-infettive.

Il vaccino anti-COVID-19 ha rappresentato un punto di svolta nella gestione della pandemia: i dati clinici mostrano una netta riduzione dei ricoveri, delle complicanze polmonari e delle sequele neurologiche (“Long COVID”) tra i soggetti vaccinati.
Gli effetti collaterali più comuni — febbre, dolore locale, stanchezza — sono segno della normale attivazione immunitaria e tendono a risolversi in poche ore.

Le evidenze scientifiche sulla vaccinazione anti-COVID-19

Negli ultimi anni numerose revisioni sistematiche e meta-analisi hanno confermato in modo chiaro l’efficacia e la sicurezza dei vaccini anti-COVID-19.

Una delle più ampie analisi disponibili è quella di Beladiya J. et al., pubblicata su Reviews in Medical Virology (2024;34(1):e2507, doi: 10.1002/rmv.2507), che ha confrontato studi randomizzati e controllati.
La review ha mostrato che i vaccini a mRNA e a vettore virale riducono in modo significativo il rischio di infezione sintomatica, ospedalizzazione e mortalità, con eventi avversi gravi estremamente rari (<0,01%).
I benefici risultano nettamente superiori ai rischi, in tutte le fasce d’età e indipendentemente dal sesso o dalle comorbidità.

Un’ulteriore meta-analisi europea condotta da Zhou G. et al. e pubblicata su European Respiratory Review (2025;34:175, PMID: 39971395) ha confermato che l’efficacia dei vaccini anti-COVID-19 nel prevenire le forme gravi rimane elevata anche a distanza di mesi dalla vaccinazione, specialmente dopo il richiamo.
Lo studio ha inoltre evidenziato una marcata riduzione delle complicanze respiratorie e neurologiche nei soggetti vaccinati rispetto ai non vaccinati.

Nel complesso, le evidenze scientifiche supportano il vaccino anti-COVID-19 come strumento di prevenzione essenziale, capace di ridurre il carico di malattia e proteggere le popolazioni più fragili, in linea con i principi della medicina funzionale e della salute pubblica.

 

 

Vaccinazione e medicina funzionale: una visione integrata

Da medico funzionale, considero la vaccinazione come parte di un approccio sistemico alla salute.
Vaccinarsi non significa solo evitare un’infezione, ma anche preservare il sistema immunitario, neurologico e metabolico da uno stress acuto che può innescare infiammazione cronica o disregolazione neuroendocrina.

In questo senso, il vaccino è uno strumento di salutogenesi attiva: sostiene la capacità dell’organismo di adattarsi, mantenendo il suo equilibrio funzionale nel tempo.

Le obiezioni più frequenti

1. “Io ho avuto il COVID e non mi è successo nulla”

È vero che molte persone hanno avuto il COVID in forma lieve, ma non possiamo basarci su esperienze individuali per valutare un rischio collettivo.
La risposta immunitaria varia da persona a persona, in base a età, genetica, stato infiammatorio e stress cronico.
Il vaccino non serve a impedire l’infezione in assoluto, ma a ridurre in modo netto il rischio di forme gravi, ricoveri e complicanze neurologiche o cardiovascolari e a salvaguardare il Sistema Sanitario Nazionale che per mesi è stato convogliato sulla cura del COVID, rallentando gli screening per altre patologie come tumori o prevenzioni di altro tipo.

In medicina funzionale, prevenire significa preservare il sistema corpo-mente da uno stress acuto che può lasciare tracce durature: infiammazione cronica, disfunzioni endocrine o neurovegetative.
Il vaccino agisce esattamente in questa direzione.

2. “Dopo il COVID mi si è scatenato di tutto”

Il SARS-CoV-2 è un virus sistemico: può innescare una risposta infiammatoria diffusa che “accende” condizioni già predisposte — autoimmunità, disturbi tiroidei, intestino irritabile, ansia, insonnia.
Non è il vaccino, ma l’infezione stessa a fungere da fattore scatenante.
I vaccini, al contrario, stimolano il sistema immunitario in modo controllato, senza provocare la tempesta infiammatoria che può danneggiare cellule e tessuti.

3. “È meglio far lavorare naturalmente il corpo”

Il sistema immunitario è straordinario, ma non sempre basta.
Quando incontra un virus per la prima volta, può impiegare giorni per reagire — tempo durante il quale l’infezione può diffondersi e creare danni.
Il vaccino è un allenamento preventivo: insegna al corpo a difendersi in modo più rapido ed efficace.
Non sostituisce l’immunità naturale, la potenzia.

4. “I vaccini contengono metalli pesanti o sostanze tossiche”

È una disinformazione ancora molto diffusa.
I vaccini non contengono metalli pesanti in quantità tossiche.
In alcuni vaccini sono presenti tracce di sali di alluminio che funzionano da adiuvanti, cioè rinforzano la risposta immunitaria.
Le dosi sono infinitesimali e molto inferiori a quelle che introduciamo ogni giorno con acqua, alimenti o aria.
Ogni lotto vaccinale è sottoposto a rigorosi test di purezza e sicurezza da parte di EMA e OMS, e i controlli continuano anche dopo l’immissione in commercio.

5. “Conosco una persona che ha avuto un problema subito dopo il vaccino”

È comprensibile associare due eventi ravvicinati nel tempo, ma temporale non significa causale.
Se un disturbo compare dopo una vaccinazione, non implica che ne sia la causa.
Le autorità sanitarie valutano ogni segnalazione di evento avverso analizzando la relazione causale (cioè il nesso biologico dimostrabile) e non solo quella temporale (la semplice coincidenza di tempi).
La grande maggioranza delle reazioni riportate risulta non correlata al vaccino, ma a condizioni preesistenti o casuali.

6. “I vaccini sono un business delle case farmaceutiche”

La ricerca sui vaccini è finanziata e controllata da enti pubblici, università e agenzie regolatorie internazionali.
Ogni vaccino deve superare quattro fasi di sperimentazione clinica e il controllo di agenzie indipendenti (EMA, FDA, OMS).
I profitti delle aziende farmaceutiche non cambiano la realtà scientifica: l’efficacia dei vaccini è verificata da migliaia di studi peer-reviewed e da milioni di vite salvate ogni anno.

7. “I vaccini non servono più, le malattie sono scomparse”

Proprio perché i vaccini hanno funzionato, alcune malattie sembrano “sparite”.
Ma i virus non scompaiono: restano in circolazione e possono tornare se cala la copertura vaccinale.
È ciò che sta accadendo con il morbillo, i cui casi sono tornati a crescere in Europa.
Quando meno del 95% della popolazione è vaccinata, il virus trova di nuovo ospiti vulnerabili.

8. “Ci sono più eventi avversi di quanto si dica”

Tutti gli eventi segnalati vengono registrati nei sistemi di farmacovigilanza (come EudraVigilance in Europa o VAERS negli USA), che servono a monitorare anche episodi isolati.
Ma il fatto che un evento sia segnalato non significa che sia causato dal vaccino.
Le analisi successive mostrano che solo una minima parte è realmente correlata, e quasi sempre si tratta di reazioni lievi e reversibili.
La sorveglianza post-marketing è uno degli strumenti di sicurezza più trasparenti della storia della medicina.

9. “I vaccini sono stati sviluppati troppo in fretta”

La velocità dello sviluppo dei vaccini anti-COVID-19 non ha ridotto la loro sicurezza, ma riflette il progresso tecnologico e la collaborazione scientifica globale.
I vaccini a mRNA si basano su ricerche iniziate oltre vent’anni fa, utilizzate in oncologia e immunoterapia ben prima della pandemia.
La rapidità è stata resa possibile dal lavoro parallelo di migliaia di laboratori, non da scorciatoie etiche o scientifiche.

10. “La vaccinazione non serve più perché il virus è mutato”

Le varianti riducono solo in parte l’efficacia dei vaccini, ma la protezione dalle forme gravi rimane elevata.
I richiami aggiornati servono proprio ad adattare la risposta immunitaria alle mutazioni del virus.
Anche quando non previene del tutto l’infezione, il vaccino riduce la carica virale, la durata dei sintomi e la probabilità di trasmettere il virus.

In conclusione

Dietro ogni dubbio c’è spesso il bisogno di sicurezza e chiarezza.
Il compito di chi fa medicina oggi non è solo curare, ma anche educare alla conoscenza.
Vaccinarsi significa credere nella scienza, nella responsabilità e nel valore della vita condivisa.

Fonti principali: OMS, EMA, CDC, Beladiya J. et al. Rev Med Virol 2024; Zhou G. et al. Eur Respir Rev 2025; ISS – Rapporti di farmacovigilanza vaccinale.

Responsabilità collettiva: la scienza come atto di cura

Vaccinarsi non è solo una scelta personale, ma un atto di responsabilità sociale.
Significa proteggere i più fragili, chi non può ricevere il vaccino, i neonati, i malati cronici, gli immunodepressi.
Ogni dose somministrata riduce la possibilità di trasmissione e costruisce un’umanità più sicura e consapevole.

In un’epoca in cui le informazioni scorrono veloci ma non sempre sono vere, tornare alla scienza basata sui dati è un gesto di maturità e di rispetto reciproco.

In sintesi

La vaccinazione è uno degli strumenti più efficaci e sicuri che la medicina abbia mai avuto.
Non solo previene malattie gravi, ma aiuta il corpo a mantenere equilibrio, riduce l’infiammazione sistemica e protegge il cervello e il cuore dalle conseguenze delle infezioni.

👉 Vaccinarsi significa scegliere la vita, la salute e la responsabilità verso sé stessi e verso la comunità.

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